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Depressione e solitudine: i disturbi mentali ancora sottovalutati in Italia.

La nostra mente: la culla della nostra anima.

La salute mentale è spesso sottovalutata sia dai cittadini, sia dallo Stato. Ancora oggi le malattie mentali vengono emarginate e non considerate invalidanti come in realtà rischiano di essere. La depressione è una condizione che non si sceglie, e non può non condizionare il modo di vivere degli esseri umani.

Ammettere di andare da uno psicologo per tre persone su dieci è ancora imbarazzante, ma lo è ancor di più ammettere di averne bisogno. Non è forse la scarsa educazione impartita ai ragazzi ma soprattutto agli adulti che conduce a errare? Sono dieci milioni gli italiani che hanno avuto esperienze di attacchi di panico, ma solo due milioni ne hanno sviluppato patologie. È un dato preoccupante. La società di oggi impone canoni non facili da seguire, come se la vita potesse essere racchiusa in uno schema da seguire senza imprevisti.

Uno studio condotto nell’arco di tempo tra il 2015 e il 2018 ha riportato che circa il 6% degli italiani soffre di depressione. [Fonte: dati Istat]

Nel 2020 a seguito della pandemia, questi dati sono quintuplicati e a oggi gli italiani che hanno manifestato sintomi depressivi rappresentano il 32% della popolazione, stimando un aumento significativo di depressione. [Fonte: Agenzia Giornalistica Italia]

Ma la vera domanda è: lo Stato tutela i soggetti che necessitano cure psicologiche?

Il presidente della Società italiana di psichiatria (Sip) Enrico Zanalda così ha espresso qualche tempo fa la sua visione della situazione italiana: «In Italia si investe solo il 3,5 per cento del budget della sanità per il settore della salute mentale, a fronte di medie del 10-15 per cento di altri grandi paesi europei. Questo significa lasciare sguarniti di personale i servizi, che attualmente hanno un deficit di operatori che va dal 25 al 75 per cento in meno dello standard». [Fonte: Fondazione Umberto Veronesi]


La risposta potrebbe essere: non come dovrebbe. Ma sorge spontanea la domanda: Perché?

Non esiste una sola risposta, ma tante. Una tra queste potrebbe essere il costo elevato che richiede l’assistenza sanitaria e i ricoveri. Ammettendo il problema bisognerebbe trovare una soluzione. Lo stress da lavoro è una condizione invalidante che colpisce un italiano su due, secondo i dati riportati da “La Repubblica”. La popolazione colpita rappresenta una percentuale elevata: il 26% dei lavoratori tra i 35 e 54 anni; 20% dai 25 ai 34 e al 13,5% dai 18 ai 24 anni.

Non è facile ammettere di non stare bene e di avere bisogno di uno specialista. Il costo elevato delle sedute conduce a trovare delle scorciatoie: i vizi. Ho approfondito l’argomento con una scrittrice che ho avuto la fortuna di conoscere: Sabrina Lanzillotti. L’autrice ha molto a cuore questi temi, e infatti, li attraversa nel suo ultimo libro: Il volto oscuro della luna. La protagonista del romanzo è Aurora, una ragazza depressa che vive la sua vita avvolta nella solitudine. Ho voluto porle alcune domande.

G: Cos’è per te la depressione?

S: la depressione è il male di vivere, è un nemico, una forza oscura che ti cresce dentro. È un seme marcio che cresce giorno dopo giorno, alimentato dalla solitudine, dal bullismo, dal mobbing sul lavoro e da ogni forma di cattiveria altrui. Ti lacera dentro, ti estranei sempre di più fino a convincerti che non meriti di vivere. Da questo sorgono tutte quelle problematiche, che sono il sintomo di un problema più di grande: la depressione. Quando parlo di problematiche mi riferisco a: autolesionismo, alcolismo, l’uso di droghe, il gioco d’azzardo, disturbi alimentari, tutti sintomi di un male ben peggiore. Bisogna chiamarla con il suo nome: depressione. È una malattia che merita la stessa considerazione delle altre malattie


G: Perché la depressione è tanto diffusa tra i giovani?

S: La depressione non è diffusa tra i giovani in quanto tali, ma è con l’avvento dell’età adolescenziale che si manifesta per la prima volta. Il tempo fa emergere quel malessere che è stato all’interno dell’individuo sin dall’infanzia. L’origine della depressione va ricercata nell’infanzia. Quando il ragazzo vive le prime responsabilità, il contatto diretto con la realtà, è lì che la depressione divampa, e diventa ciò che conosciamo. Se non è curata, viene trascinata fino all’età adulta, e infatti, sono molti gli adulti che fanno uso di antidepressivi, ansiolitici, già da ragazzi.


G: Secondo te lo Stato italiano è preparato a fronteggiare i disturbi mentali?

S: Assolutamente no. Lo Stato italiano non è preparato ad affrontare questa malattia. Totalmente impreparato a tutelare i propri ragazzi. Incapace di difendere il suo futuro.


G: Ti rispecchi nel personaggio di Aurora? Quanto c’è di te nel libro?

S: All’inizio del libro dico che Aurora è l’alter-ego di ognuno di noi, e inevitabilmente anche il mio. Mi rispecchio nel personaggio di Aurora. C’è un episodio -all’interno del libro- autobiografico, ma non dirò quale. In tutti i miei libri cerco di portare una parte di me, ecco perché utilizzo la prima persona. Il lettore deve avere un contatto diretto con il suo autore. Quando scrivo “tu non sei solo” -è il messaggio fondamentale di ogni mio libro-, vuole essere un messaggio sincero, tu non sei veramente solo, c’è una parte di me, io chiedo fiducia al lettore. Ma prima di chiedere fiducia al lettore, io devo affidarmi a lui, lasciando una parte di me nel mio libro.








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